Sulla polarizzazione: dalla battaglia politica fra destra e sinistra, alla paura mediatica dello scontro fra maschi e femmine. Un invito a riflettere.
- dott. Flavio Pizzamiglio
- 7 mag
- Tempo di lettura: 6 min
Tra media tradizionali e social network siamo bombardati di notizie che spesso più che informare hanno lo scopo di indignare e creare reazioni emotive.
Cosa sta succedendo? E come possiamo rimettere ordine nelle nostre emozioni?

Viviamo in un'epoca segnata dalla polarizzazione. I confini tra “noi” e “loro” sembrano sempre più netti, definiti e, spesso, impenetrabili. Dai talk show politici alla comunicazione social, dai conflitti di genere ai dibattiti sull'identità, ogni differenza viene esasperata.
Gli esempi sotto i nostri occhi sono molti, ma in tutti si ritrovano sempre due posizioni contrapposte: ci sono i buoni (di cui ovviamente noi facciamo parte) e ci sono i cattivi (quelli che non appartengono alla nostra categoria, che non la pensano come noi o che non ci piacciono).
Da psicologo a Brescia e dal confronto con altri colleghi psicologi si nota come i temi che emergono in seduta con i pazienti riguardano sempre più difficoltà relazionali, rabbia, paura, frustrazione e smarrimento legati a un mondo sempre più spaccato. Cosa può dirci la psicologia in merito?
Cos'è la polarizzazione?
In psicologia sociale, con il termine polarizzazione si riferisce a un processo in cui un gruppo rafforza le proprie opinioni e atteggiamenti rendendole più estreme e assumendo posizioni più radicali. Questo può risultare utile per rendere più salda l'identità del gruppo differenziandosi dagli altri e facilitando per i propri membri riconoscere i valori entro cui rispecchiarsi. Questo processo non avviene solamente in politica dove sia destra che sinistra tendono a radicalizzarsi e arroccarsi su delle proprie battaglie ideologiche, ma tutto questo avviene anche nella sfera sociale, culturale e affettiva. Negli ultimi anni, ad esempio, si è diffuso un clima di sospetto e antagonismo tra uomini e donne, alimentato da una narrazione mediatica spesso sensazionalistica, che riduce la complessità delle relazioni di genere a uno “scontro tra fazioni”. In questo modo però si perde di vista la realtà e ciò che di positivo possiamo trovare nelle relazioni, non solo quelle romantiche, intime e amorose relazioni di genere, ma tutte le relazioni di ogni tipo che portano al confronto e alla crescità reciproca grazie alla diversità e spesso alla divergenza di opinioni e differenze.
Polarizzazione, pensiero dicotomico e scissione:
cosa sono?
Se in psicologia sociale si parla di polarizzazione pensando ai gruppi, in psicologia clinica è più facile che si parli di pensiero dicotomico e scissione.
Ma cosa sono e cosa significano?
Con pensiero dicotomico, in psicologia, si fa riferimento a uno dei tanti bias cognitivi, cioè delle distorsioni cognitive, attraverso cui filtriamo la realtà. In questo caso attraverso il pensiero dicotomico ciò che facciamo è dividere ogni cosa in due categorie nettamente distinte come bianco/nero, buono/cattivo, giusto/sbagliato, tutto/niente.
Con scissione, per gli approcci psicodinamici, ci si riferisce invece a un meccanismo di difesa primitivo in cui si divide nettamente delle qualità contraddittorie di sé o di qualcun altro perchè ritenute incompatibili o inaccettabili. Un meccanismo di difesa è quindi una risposta automatica e istintuale che una persona mette in campo davanti a quella che percepisce come una minaccia, in questo caso potrebbe essere quando si trova qualcosa che fatica a comprendere o ad accettare. Si parla di "primitivo" quando un meccanismo di difesa è poco sviluppato e poco funzionale.
Come mai sentiamo la necessità di polarizzarci?
Le ragioni per cui a livello sociale sentiamo la necessità di polarizzarci, di dividere il mondo e la realtà in due fazioni possono essere tante e possono essere diverse anche tra persona e persona.
Da psicologo e da psicologo a Brescia, vorrei indicarne due che sottolineano punti cardine del nostro tempo.
Incertezza
La prima ragione è sicuramente l'incertezza. L'incertezza è inevitabile e fa parte della realtà, ma non sempre si riesce a gestirla e affrontarla nel migliore dei modi. In un'epoca di grandi cambiamenti come la nostra, la percezione dell'incertezza può farsi terrorizzante e per non paralizzarci è necessario trovare dei punti di ancoraggio fermi e stabili a cui aggrapparsi. Se pensiamo alla velocità dello sviluppo tecnologico e all'introduzione dell'IA che sembra rivoluzionerà ogni settore, al lavoro precario e sempre più a rischio, cataclismi ambientali e cambiamento climatico, la ristrutturazione dell'istituzione della famiglia, crisi economica... Diviene comprensibile che una lettura della realtà che sia calma e razionale è difficile da avere, diventa più facile sentire la paura nelle viscere di fronte a fenomeni così complessi. Una soluzione "facile", suggerita dalla psicologia, che adotta il nostro cervello può essere il pensiero dicotomico, così diventa più facile gestire tutte le informazioni, perchè non vanno comprese e approfondite, ma solo incasellate in due categorie.
Il pensiero dicotomico e la polarizzazione, quindi diventano dei modi semplici ed economici a livello cognitivo ed emozionale per leggere una realtà complessa a livello contenutistico, ma anche esorbitante a livello quantitativo. Nonostante ciò, la facilità e la sua economicità non la rendono però una via percorribile non solo ragionando a lungo termine, ma anche in una prospettiva di una modalità più funzionale di comprendere il mondo intorno a noi e poter reagire in maniera più incisiva.
Identità
Un altro tema critico del nostro tempo, che come abbiamo già detto è caratterizzato da valori e istituzioni che si sgretolano e non riescono più a fungere da punti di riferimento, è quello dell'identità. Se il mondo del lavoro è in crisi e precario, se le famiglie sono sempre più piccole e divise, gli amici sono sempre più online e distanti, se le relazioni intime vengono vissute come pericolose e creano disagio psicologico, cosa ci resta?
Se per le generazioni precedenti può mandare in crisi l'idea che i valori e i riferimenti su cui si è costruita la propria identità scricchiolano e di sgretolano, per le nuove generazioni la situazione è ancora più drammatica, non avendo a disposizione modelli solidi a cui potersi aggrappare per sviluppare sè stessi e la propria identità.
Per orientarsi nella realtà si guarda a qualcuno o qualcosa in cui potersi identificare, in cui potersi riconoscere. In questo modo, quando vediamo delle persone, dei gruppi, dei loghi o delle ideologie forti, con delle risposte chiare, che ci rassicurano e fanno sentire al sicuro li seguiamo e li facciamo nostri, facendoci riempire quel vuoto che sentiamo dentro. Pian piano ci si ritrova a seguire le logiche dei gruppi polarizzati in cui si può essere parte solo desertificando tutto ciò che c'è attorno, distaccandosi dagli "altri", chiudendosi nella propria bolla o echo chambers (come andava di moda dire poco tempo fa) e ogni fazione si separa in fazioni più piccole così da rispondere al bisogno identitario di elitismo e superiorità.
Cercare conforto e appartenenza all'interno di un gruppo può essere sicuramente una cosa auspicabile e sana, ma non quando un gruppo diventa esclusivo ed escludente, impedendo la crescita e lo sviluppo personale e individuale.
Cosa manca? Quale può essere l'alternativa alla polarizzazione?
La parola chiave, così cara alla psicologia è: integrazione.
Quando la tendenza è quella di allontanare continuamente, separare e dividere in maniera netta polarizzando in due estremi dicotomici, la soluzione è integrare facendo mutare il conflitto in confronto. Le differenze (anche quelle di genere) non sono ostacoli e muri da abbattere, ma sono caratteristiche peculiari da accogliere, riconoscere e sfruttare per cooperare.
Per Adler, il cooperare insieme si fonda proprio sulla divisione del lavoro e questa è possibile proprio grazie alle differenze e alle personali propensioni di ognuno. Se abbattiamo e appiattiamo ogni differenza, se ogni volta semplifichiamo il mondo il biano e nero, la diversità sarà solo un nemico da sconfiggere invece che un elemento da comprendere e trovare il giusto spazio in cui inserirlo e utilizzarlo come opportunità di crescere.
Infine, altre due parole alternative alla polarizzazione sono consapevolezza e riflessione. Il modo in cui i social network ci stanno abituando a comportarci è quello di reagire di istinto, o in termini tecnici e psicologici, "con compulsività". Oggi più mai è necessario prenderci del tempo per riflettere su ciò che facciamo e su ciò che ci circonda. L'incertezza dev'essere l'occasione di mettere in dubbio ciò che si è dato sempre per scontato, per ovvio e cercare nuove risposte, senza accontentarsi di facili soluzioni.
Conclusione
Prendendo le tre parole chiave che la psicologia suggerisce, integrazione, riflessione e consapevolezza, è necessario riconoscere e accogliere i nostri dubbi e incertezze, ma invece che trovare soluzioni semplici e affrettate, come dividere il mondo in due categorie distinte in cui identificare i nemici e gli alleati, occorre sviluppare la capacità di sostare nell'incerto. Quando incontriamo l'altro, inteso come diversità, prendiamoci il tempo di studiarlo, di conoscerlo, capire come possiamo fare nostro e integriamolo come parte di noi, concediamogli il giusto spazio per digerirlo con consapevolezza.
C'è qualche argomento che ti "triggera" e di cui senti di polarizzarti?
Se siete interessati a ciò che offriamo visitate il nostro sito.
A cura dello psicologo a Brescia e online, dott.Flavio Pizzamiglio




Commenti